Una content creator al lavoro.

Piccola guida allo storytelling, vol 2

Ne è passato di tempo da quando, forse tra i primi, rimasi entusiasta del libro di Henry Jenkins Cultura Convergente. Si cominciava finalmente a parlare di trans-media storytelling, ovvero di un particolare approccio alla realizzazione di storie, siano esse prodotti editoriali d’intrattenimento piuttosto che strategie di comunicazione legate alla promozione di prodotti o servizi. L’idea è che, vista oggi la grande competizione sui mercati del content, che ha portato la nostra capacità di concentrazione a livelli davvero critici, una narrazione per essere efficace debba essere frammentata in una miriade di approfondimenti, riferimenti, echi in grado di farci passare da un medium tecnologico all’altro, da un linguaggio all’altro, ma sempre all’interno della stessa narrazione, con gli stessi personaggi, e in stretta correlazione con la trama e la storia originaria.

La motivazione è abbastanza semplice, ed ha a che vedere più con la sociologia che con la narratologia.

Visto che le persone hanno minore capacità d’attenzione, facciamo in modo di far durare l’esperienza narrativa il più a lungo possibile, utilizzando a nostro favore la propensione al multitasking delle persone che, oltre a permettere di svolgere più mansioni e attività in uno stesso momento, implica lo sviluppo di una fortissima capacità di interconnessione delle informazioni.

Come si progetta una strategia di storytelling di questo tipo?

Le tecniche sono varie ma, ridotte a un unico comune denominatore (se proprio dovessimo tirar fuori ricette), potremmo dire che prima di tutto è necessario analizzare la struttura più generale della narrazione:

– le storie più importanti, gli esempi più nitidi di cross-media (da Tolkien alla Rowling), attingono dal paniere della grandi dicotomie universali che, per una ragione antropologica, appartengono alla memoria del mondo: il bene che trionfa sul male, l’uomo che lotta contro le forza oscure, ecc sono i casi più noti;

– i personaggi quasi sempre vengono presentati in una fase di immaturità temporale (non sono ancora arrivati a definire un’effettiva personalità), come se mancasse loro un’ultima prova. Questo stratagemma offre un’infinita gamma di possibilità per un trattamento lungo e articolato. Il personaggio apre così la narrazione a un percorso che può dar vita a mille risvolti e, soprattutto, durare nel tempo (il tempo creativo e il tempo commerciale del marketing);

– le unità narrative vengono ripetute per blocchi uniformi e modelli replicabili. Per ogni introduzione di un nuovo personaggio avremo così: set up (chi è, da dove viene), sviluppo (il carattere, i comportamenti, gli obiettivi), la trama (le relazioni con la storia centrale e con gli altri personaggi), il climax (il punto di tensione, la verità celata), lo scioglimento (il personaggio assume il suo ruolo nella narrazione, si mette in riga ed è finalmente riconoscibile – ci fidiamo o diffidiamo di lui);

– la narrazione centrale, il filo conduttore, si esprime per iperboli. Ogni nuova situazione introduce un problema, lascia intravedere una soluzione, raggiunge un picco drammatico, si risolve in una via d’uscita per poi ricominciare.

Ora, se dovessimo calare tutto questo in un approccio di marketing orientato allo storytelling, potremmo aggiungere che:

– la narrazione frammentata permette di aggiungere sub-storie di uno stesso singolo personaggio, magari con risvolti sconosciuti, e farle circolare su altri media;

– ogni personaggio, opportunamente trattato, può creare a sua volta nuove narrazioni da cui originano altri universi narrativi e sfruttare l’effetto moltiplicatore dei nuovi media come una sorta di grancassa mediatica;

– la narrazione trans-mediale permette al fruitore una maggiore partecipazione e, in alcuni casi (i più felici), lo coinvolge nella co-creazione di contenuti e artifici narrativi;

– ogni personaggio, preso nell’insieme dei suoi valori simbolici, può venire trattato per mezzo di linguaggi diversi: scrittura, video, fumetto, web, magazine online, merchandising.

Oggi, quindi, realizzare un contenuto in questa forma permette la massimizzazione dello sforzo progettuale e creativo e, se ben orchestrato, apre interessanti finestre di business digitale. ma questa è già un’altra storia.

 

 

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