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Content design. Perché curare i contenuti.

Content design. Davide Pellegrini

Content design. Perché curare i contenuti.

Qualche anno fa ho caricato su uno dei miei siti il plugin di content curation di Express Curate (ricordate? Diciamo, più o meno, quando andavano di moda le vie brevi di aggiornamento dei contenuti). La premessa (o la promessa?) era quella di buttare giù una serie di articoli in una manciata di minuti.

Sia chiaro, la dimestichezza già allora dovevi averla. Come in ogni cosa, però.

Questi strumenti – una base gratuita, per diventare poi a pagamento man mano che richiedevi funzioni customizzate – avevano l’obiettivo di permettere di pubblicare una più che discreta quantità di articoli, favorendo una intelligente mappatura di testi correlati e la possibilità di selezionare un testo già in rete citando la fonte o di manipolare il contenuto scegliendo le foto che l’algoritmo trovava.

 

I problemi con le vie brevi

Parliamo, in effetti, di uno strumento di editing molto evoluto, su una base di ricerca che utilizza le grandi piattaforme come Google, Facebook, Twitter, ecc. Fantastico, direte voi! Ma se fosse così, perché ne parlo al passato? Tanto che non si trova più traccia di strumenti del genere. Beh, come molti strumenti di innovazione, questi plugin nel tempo si sono rivelati inadeguati.

Vediamo il perché:

  • problemi con la proprietà intellettuale. Non bastava, certo, estrapolare un contenuto già bello che fatto, manipolandolo qua e là, per potersi appropriare del contenuto in rete;
  • problemi con gli aggiornamenti. Tanto alcuni plugin elaborano idee e strategie per estrarre dalla rete i contenuti, quanto le piattaforme di news aggiornano protocolli di sicurezza con barriere a volte difficili da superare. Il risultato, nel caso di Express Curate, era che molto spesso il plugin non funzionava e aveva bisogno di continui riassestamenti;
  • problema con l’obiettivo stesso della produzione di contenuto. Questi tool nascevano dall’idea – che oggi sappiamo essere sbagliata a prescindere – di “riempire” le pagine dei propri spazi web di contenuti. Garantire il flusso. Senza considerare la difficoltà di indicizzazione e la penalizzazione dei motori di ricerca riguardo contenuti clonati o copiati.

A volte il fascino del tool di ultima generazione è tale che ci si innamora più dello strumento che della sua effettiva necessità. Ma cosa serve davvero?

 

Il vero scopo dei contenuti

Parliamo sempre più in questo periodo di design dei contenuti. Che significa? Perché farlo? Prima di tutto va detto che, in un ecosistema costituito prevalentemente da piattaforme digitali, non avere alcuna presenza in rete equivale a scomparire.     C’è in giro, e anche questo è vero, una quantità impressionante di contenuti. Emergere non è facile, ma se a quell’indistinto e caotico chiacchiericcio non si unisce la propria voce, si rischia di non avere alcuna opportunità o chance. Non ragioneremo, quindi, con l’idea di scegliere una via breve, piuttosto mettere in campo una vera e propria strategia.

  • lavorare molto bene su un’identità forte ed evocativa;
  • progettare messaggi forti, efficaci, immediatamente riconoscibili dal punto di vista dell’identità del brand;
  • sceglieremo una nicchia all’interno della quale costruire una community, piuttosto che lavorare in competizione con l’universo mondo dei contenuti.

 

Alcuni consigli per il content marketing

Se parliamo di content marketing, capita molto spesso di focalizzarsi sulla parola “marketing”. Ovvero, progettare un contenuto per promuovere o commerciare un prodotto, un servizio. Ecco che la finalità diventa immediatamente la vendita. Se ci focalizzassimo per un momento sul content, dovremmo rispondere a una serie di domande. La prima è: perché devo avere un’esposizione digitale parlando di temi e argomenti interessanti? A chi voglio o devo rivolgermi? Quali contenuti ritengo più appropriati per i miei utenti e che allo stesso tempo parlino di me, del mio lavoro, del mio sistema offerta? Come intendo organizzare la produzione di contenuti? Quali piattaforme, canali o, per dirla come va detta, touchpoints?

Solitamente i contenuti servono per:

  • comunicare un’identità, partendo da un concept chiaro fino all’approfondimento di motivazioni, obiettivi, strategie
  • dare un’idea viva e dinamica delle proprie attività, di contro alla sensazione di staticità. Magari, facendo riferimento al proprio contesto e ai tanti riferimenti che caratterizzano l’impresa;
  • restare connessi al dibattito delle tendenze nel mercato per godere di un naturale posizionamento tra gli opinion maker più seguiti. Un elemento fondamentale se consideriamo l’importanza di essere riconoscibili all’interno di uno specifico settore;
  • creare contenuti indicizzabili, per usufruire al meglio del potenziale dei motori di ricerca, aumentare il traffico sui propri spazi digitali e far crescere il punteggio.

Naturalmente, questi sono suggerimenti di base. Ma, senza dubbio, per quanto un software possa facilitare l’impresa di raggiungere una massa critica di follower, resta una domanda. A cosa finalizzare il traffico? Come è possibile creare flusso senza cadere nel pericolo di confrontarsi con l’immensa produzione generalista di contenuti? Che tipo di contenuto digitale esiste oggi e su quali piattaforme viene pubblicato?

 

Perché prendersi cura dei contenuti

Pam Dyer – una riconosciuta web influencer, attiva nel gruppo Social Media Today – ha più volte scritto sull’argomento. Pam ha realizzato delle infografiche per aiutarci a capire.

  • la cura dei contenuti nasce per organizzare il contenuto in un flusso dinamico e sfruttare la memoria del web su un singolo argomento;
  • grazie a un meccanismo di selezione naturale, solo le informazioni più rilevanti saranno scambiate dagli utenti;
  • diventa importante saper riconoscere in anticipo i contenuti che diventeranno dei trend.
  • Il contenuto branded deve essere ben scritto, fluido e condivisibile;
  • il contenuto deve essere organizzato attorno a un tema rilevante, strutturato con keyword, articoli correlati, link verso altri siti e piattaforme e deve essere diffuso per mezzo dei social network;
  • il SEO e la teoria dei backlinks come unici strumenti di ranking è superata. Il contenuto ben fatto fidelizza gli utenti.

In conclusione, più un contenuto, un articolo, un messaggio generano un effetto eco aprendo il fronte ad altri sviluppi, interconnessioni, interazioni con gli utenti, più avrà senso curare la moltiplicazione dei canali, la distribuzione su piattaforme convergenti e la continua riproposizione dei temi trattati.

 

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